Appuntamento a Boris Gleb by Gérard De Villiers

autore:Gérard De Villiers [Villiers, Gérard De]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-03-28T13:32:48+00:00

C’è un bivio subito dopo l’aeroporto che porta direttamente alla frontiera.»

«Andiamo a ricuperare Milton» disse Malko. «E poi, precipitiamoci a Vadso. Speriamo che la polizia locale abbia funzionato.

«Gli telefonerò da qui» promise Mathilda. «E chiamerò il Turist-Hotel perché ci trovino una macchina da noleggiare.»

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Il colonnello Harald Kaas era secco come una betulla gelata. Con le labbra serrate su una corta pipa, la divisa verdastra da combattimento, i capelli grigi tagliati corti, simbolizzava perfettamente quello che era: un ufficiale di carriera, senza problemi di coscienza.

La sede della Grenzepoliti era in un lungo chalet di legno scuro, a un piano, irto di antenne radio, in mezzo a un giardino coperto di neve. Le pareti dell’ufficio del colonnello, centro nevralgico della difesa della frontiera, erano tappezzate di carte. In un angolo, Donald Hamilton teneva saggiamente sulle ginocchia una grande busta gialla. Lasciava la parola a Mathilda la quale spiegava velocemente la missione di Malko. Finalmente il colonnello smise di succhiare la pipa.

«Ho ricevuto istruzioni da Oslo» spiegò. «Devo aiutarvi, nei limiti della legge, ben inteso. Dato che il signor Brabeck non ha commesso alcun reato serio, lo farò rilasciare. Ma dovete darmi la vostra parola d’onore di rispettare, d’ora in poi, la calma di questo paese. Non possiamo accettare che degli stranieri regolino i loro conti a Kirkenes.»

Un telefono squillò sulla sua scrivania e il colonnello rispose. Appena ebbe riagganciato, annunciò:

«La polizia ha arrestato sulla strada dell’aeroporto i due uomini che hanno ucciso quel russo. Hanno passaporti israeliani. Saranno deferiti alla giustizia»

Un silenzio. Malko comprese il messaggio e si affrettò a cambiare discorso.

«Voi conoscete il nostro problema. Che cosa possiamo fare?»

Il colonnello si alzò e andò a piantarsi davanti a una carta geografica.

Malko lo seguì. A est di Kirkenes il confine formava una specie di anello che terminava nell’Oceano Artico. Una strada lo seguiva per tre o quattro chilometri, poi se ne allontanava, tagliava attraverso la taiga, e infine raggiungeva la frontiera rappresentata dal fiume Jacobselv, una decina di chilometri prima di Grenze Jacobselv, il villaggio situato all’estremo nord sulla riva dell’Oceano Artico.

Il colonnello Kaas indicò un punto sulla carta, a est di Kirkenes.

«Ecco uno dei posti di passaggio. E’ chiuso. Per aprirlo devo prima consultare il mio collega sovietico… A Boris Gleb filtreremo tutti… Ma più avanti, prima di arrivare a Grenze Jacobselv, basta varcare il fiume.

Dalla nostra parte non ci sono reticolati.

Malko capì che i norvegesi non erano affatto entusiasti di lanciarsi in un caso di spionaggio che non riguardava direttamente la Norvegia.

«La strada non è proibita al traffico?» domandò. «Non ci sono sbarramenti?»

«Nessuno. Chiunque può andare liberamente a Grenze Jacobselv.

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D’estate i turisti cercano persino di rubare i pali di frontiera.»

Malko era abbandonato a se stesso. Doveva intercettare Oganian prima che si avvicinasse alla frontiera.

Si alzò.

«Vi ringrazio, colonnello… Andiamo a prendere il nostro amico Brabeck.»

Il colonnello Kaas li riaccompagnò nel piccolo corridoio. Donald Hamilton si sprofondò in ringraziamenti, chiocciando come un vecchio pappagallo. Appena fuori, porse a Malko la busta gialla.

«Ho ricevuto questa dall’USIS di Tromsoe» disse. «Può interessarvi. Si tratta di un maggiore del KGB che si trova in questo momento a Boris Gleb, come barista.

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